Ai luoghi santi della Foresta Nera

Pellegrinaggio numero 12

C’è chi si reca nella Foresta Nera perché ama i boschi d’abete e chi cerca invece la torta di cioccolato e ciliegie. Chi desidera rivivere gli ambientamenti delle fiabe dei fratelli Grimm e chi vuole comperarsi un orologio a cucù. Chi si gode un’escursione in battello sul Titisee e chi punta alla sella di capriolo alla Baden-Baden. Noi andremo a caccia non di ungulati ma di santuari, vecchi monasteri e luoghi di spiritualità.

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PRIMO GIORNO: DA KIRCHZARTEN A SANKT MÄRGEN

(Km: 20. Dislivello: 650 m)

Partiamo da Kirchzarten, nella zona d’influenza del monastero benedettino di San Gallo, che dista in linea d’aria poco più di 100 chilometri e che già nell’816 possedeva qui beni e terre. La base della possente torre campanaria della parrocchiale parla di romanico, l’interno della chiesa racconta lo spumeggiante barocco-rococò. San Gallo è lì sopra l’altare principale, vegliato dall’orso che andava a trovarlo tutte le notti.

Qualche minuto verso Sud per salire sulla collinetta dello Giersberg, dove sta un piccolo santuario mariano con annesso “Café und Pilgerstube” (Ristorante e salotto del pellegrino), questo dedicato a san Lorenzo. Nel Settecento una voce suggerì a un pastorello che la Madonna doveva essere qui onorata.

Inversione di 180° per ripartire verso Nord, direzione Lindenberg, dove dopo una salita panoramica si raggiunge il santuario della Madonna delle Grazie, la più frequentata meta di pellegrinaggi dell’arcidiocesi di Freiburg. Nell’Ottocento vi si teneva l’adorazione perpetua: la preghiera e la contemplazione ininterrotta davanti all’ostia consacrata. Questa devozione è stata ripresa nel 1955 ed è tuttora praticata.

Nell’Undicesimo secolo i duchi di Zähringen fecero erigere a St. Peter un’abbazia benedettina destinata a conservare le loro tombe. Il monastero fu soppresso, ma resta la notevole chiesa abbaziale in sasso rosso, con le due alte torri campanarie e la straordinaria biblioteca in stile rococò. Gli stessi duchi fondarono anche le città di Friburgo (quella svizzera), Berna e Morat e gli stemmi di queste località si possono ammirare nella piazza centrale del borgo.

Ascendiamo un nuovo monte costellato di cappelle, il Kapfenberg, e terminiamo a St. Märgen, altro borgo immerso nella foresta, dove nel Medioevo venne eretto un convento agostiniano, anche lui soppresso nell’Ottocento. Resta la chiesa, oggi santuario affidato ai padri paolini di Czestochowa, dove si venera un’effigie della Madonna risalente al XII secolo. In questa località visse Matthias Faller, che nel Settecento decorò molte delle chiese ammirate in giornata.

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SECONDO GIORNO: DALLO SCHLUCHTSEE A TODTMOOS

(Km: 16. Dislivello: 400 m)

Giornata d’acqua, non soltanto nel ricordo di quel 23 maggio 1999, quando camminammo nella Foresta Nera, ma anche in relazione ai luoghi visitati.

Si parte dallo Schluchsee, lago formato dall’opera dei ghiacciai e poi ingrandito con una diga, opera dell’uomo. La Dreiseebahn è una ferrovia a vocazione turistica di una ventina di chilometri che lo collega con il Titisee e che attraversa una regione dal carattere bucolico e romantico.

Dopo Pietro e Maria (Märgen), ecco un altro santo: Biagio. Il borgo di St. Blasien è sorto allungandosi in riva al fiume, per accompagnare l’abbazia benedettina la cui origine risale all’IX secolo. Era filiazione dell’abbazia di Rheinau (quella sulla doppia ansa del Reno), dalla quale ricevette le reliquie di san Biagio, protettore dalle malattie della gola. Il duomo del borgo spicca per l’imponente cupola neoclassica, alta 64 m e con un diametro di 32, edificata sul modello del Pantheon di Roma.

Raggiungiamo Todtmoos, priorato dell’abbazia di St. Blasien, percorrendo il Kirchweg. Qui venivano accolti i numerosi pellegrini che giungevano per pregare la Madonna addolorata, specialmente in tempi di guerre ed epidemie. La chiesa si raggiunge al termine di una ripida salita, che affrontata al termine di due giorni di cammino la fa diventare ancor più ostica. Cosa c’entra Todtmoos con l’acqua? Beh, la traduzione italiana del toponimo suona “acquitrino del morto”. Brrrrrrr…

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