Un santo della Carità, figlio di una terra dove la natura è madre e matrigna, dove ti vien spontaneo alzare gli occhi al cielo per cercare una consolazione alle fatiche quotidiane. Seguiremo i passi di don Guanella partendo dal paese dove è nato, scendendo con lui gli aspri sentieri della Valle Spluga che portano Chiavenna, inoltrandoci nella più dolce Valtellina, dove operò per la salvezza spirituale e il benessere materiale della sua gente.
(Km: 17. Dislivello: 200 m di salita, 920 m di discesa)
Campodolcino si adagia su un pianoro, dove la valle prende respiro. Sopra gli sta Franciscio, villaggio che vide nascere san Luigi Guanella nel 1842. Nel cuore di Campodolcino un edificio del tardo Cinquecento, detto “Palàzz”, ospita lo splendido museo della valle, nel quale è incastonato un raffinato oratorio. Il piccolo Luigi fu battezzato nell’imponente chiesa parrocchiale, dedicata a san Giovanni Battista.
Dove la valle è scoscesa e le pareti incombono, sta il santuario di Gallivaggio. Qui, nel 1492, la Madonna apparve a due bambine che stavano raccogliendo castagne. Luigi Guanella vi faceva tappa nei suoi viaggi da e per il fondovalle. La chiesa contrasta con la severità del paesaggio; dentro domina l’armonia e colpiscono i toni caldi degli affreschi, dei marmi, dei volumi e anche dell’organo donato dagli emigranti in Sicilia. L’altare è costruito sulla roccia sopra alla quale sostò la Madonna.
A tenere sotto controllo il fiume Liro sta il santuario di san Guglielmo, nel comune di San Giacomo Filippo (toponimo alquanto significativo). L’edifico sacro è stato costruito sulla grotta che ospitò il santo eremita, vissuto più di 700 anni fa. Da allora il suo eremo è meta di pellegrinaggi e certamente anche luogo di sosta per i numerosi viandanti e somieri che valicavano il passo dello Spluga.
A parlare di Chiavenna non basterebbe un libro e allora ci limitiamo al gioiello più luminoso di questo borgo: il fonte battesimale in pietra ollare della collegiata. Realizzato nel 1156, è coevo delle più prestigiose sculture del romanico, come quelle del duomo di Pisa o della cattedrale di Autun. La duttilità della pietra ollare fa risaltare i volti, dà plasticità ai corpi, valorizza le striature. Magnifica la sequenza dei personaggi scelti dallo scultore per illustrare il battesimo.
A Prosto di Piuro sta l’avvolgente chiesa della Beata Vergine Assunta dove don Guanella celebrò, nel 1866, la sua prima messa. Terzo santuario visitato in questa giornata, fu costruito per celebrare l’apparizione seicentesca della Madonna. Ha spazi raccolti e morbide decorazioni barocche. Sopra, a guardar giù, stanno le cascate dell’Acqua Fraggia, e l’intrigante villaggio di Savogno, dove don Guanella operò in esilio per 7 anni.
“In omnibus charitas” (la carità in tutte le cose), sta scritto sulla porta di bronzo della Madonna del Lavoro a Nuova Olonio. Una chiesa fatta costruire dove un tempo c’era il fondovalle paludoso e malsano. Poi arrivò don Guanella, riempì le paludi lavorando con i suoi protetti (spesso andicappati e ritardati), fondò un villaggio, costruì scuola e chiesa, creò una comunità dove gli indigenti potessero trovare la dignità del lavoro e affidò tutte queste opere alla Madonna.
La Valtellina ha dolci pendii e un ampio fondovalle. A Mantello c’è la chiesa dedicata ai santi Marco, Colombano e Gregorio. Sembra che Colombano, il monaco irlandese che nell’Alto Medioevo fondò varie abbazie in Italia, fosse giunto anche qui, valicando il passo dello Spluga. In queste terre sorse una comunità monastica che si ispirò alla regola da lui scritta. La chiesa è affiancata da un imponente campanile pendente.
Bella la chiesa di sant’Alessandro a Traona. Ha un tozzo campanile, un sagrato delimitato da arcate a mo’ di finestre sul fondovalle, un belvedere panoramico che circonda l’abside e i vigneti che le fanno da ridente cornice. All’interno si respirano i colori del legno. Don Guanella pregò, visse ed operò per tre anni nelle stanze addossate alla chiesa che ancor oggi si possono visitare.
Santa Croce, nel comune di Civo, è un balcone sulla Valtellina. La traversa che taglia a metà costa il versante retico, costellato di abitati, offre numerose testimonianze di religiosità e incantevoli scorci sul fondovalle. Morbegno si mette in mostra lì sotto, quasi fosse una Roma in miniatura: nella cittadina i campanili spuntano da ogni dove.
La facciata della collegiata di san Giovanni Battista a Morbegno è imponente; qualcuno l’ha detta capace di reggere il paragone con gli edifici della Roma barocca: richiama le chiese del nostro Borromini.
Il santuario della Beata Vergine Assunta è un tripudio di affreschi che raccontano la vita della Madonna e culminano con la sua incoronazione in cielo all’interno del tiburio ottagonale. Lo sguardo è però catturato ed ammaliato dalla finissima ancona lignea del Cinquecento sovrastante l’altare. Le figure scolpite nel legno e le dorature sono di stupefacente e delicata raffinatezza.