Wettingen – Fahr. Meandri della Reuss e rive della Limmat.

Pellegrinaggio numero 15

Vite di fiumi che scorrono placidi nell’Altopiano, formando anse e volute. Si comincia dal gomito della Limmat a Wettingen: l’ideale per costruirci, nel Medioevo, un’abbazia. Si finisce ancora sulla Limmat, nel convento di Fahr. In mezzo ci stanno le scorribande tra le colline per andare ad acchiappare la Reuss e le sue impressionanti spire in quel di Bremgarten. Sarebbe bello possedere la macchina del tempo per scoprire come gli uomini, lungo i secoli, abbiano addomesticato queste terre.

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Primo giorno: da Wettingen a Bremgarten

(Km: 19,5 . Dislivello: 400 m)

L’abbazia Stella Maris di Wettingen è un affascinante scenario di vita cistercense. I monaci che seguono la regola di san Benedetto, desiderando compiere la volontà e l’opera di Dio, si fanno guidare dalla preghiera e dal lavoro. Vivono in povertà e fraternità, abbracciano il silenzio che è spazio di contemplazione, si sostengono essenzialmente con il lavoro manuale. Per secoli è stata scuola di vita, oggi è scuola cantonale e i monaci vivono in esilio in Austria, a Mehrerau.


Ancora un ex convento, ancora un meandro del fiume, ancora la spiritualità cistercense, questa volta però il ramo femminile. Eccoci a Gnadenthal sulle rive della Reuss, dove nel Trecento sorse un monastero sotto l’autorità dell’abbazia di Wettingen. Gnadenthal significa “Valle della Grazia” e dove un tempo si curavano le anime, oggi si curano i corpi.


A Göslikon tre compatti edifici con spioventi accentuati richiamano l’attenzione dei passanti. Sono la chiesa di santa Maria Assunta, la cappella di san Rocco e la casa parrocchiale. L’origine della chiesa, risalente al 1048, ci ricorda l’importanza che il cristianesimo ebbe per queste terre.


Questa volta non c’è un solo meandro, bensì due, forse tre, a guardare bene anche quattro. A Bremgarten il fiume sembra un serpentello che si contorce battuto dal bastone. Vale la pena vagabondare per la città alta e assaporare aria di Medioevo. La città bassa custodisce preziosi edifici religiosi come la chiesa di san Nicola, l’ex convento di terziarie francescane con la cappella di santa Chiara e le cappelle dedicate a sant’Anna e a Nostra Signora.

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Secondo giorno: da Bremgarten a Fahr

(Km 21. Dislivello: 300 m. Mezzi ausiliari: autobus)

Per avere miglior protezione attorno ai castelli, si scavava un fossato. A Bremgarten non fu necessario, perché ci aveva già pensato la Reuss. E così la città poté concentrarsi su altre opere di difesa: torri e ponti. Dà conforto agli occhi ammirare le tre torri rimaste e il ponte, lungo circa 100 metri, di cui 50 coperti, con le cappelle di sant’Anna e di san Giovanni Nepomuceno.


È consuetudine confondere gli Antoni. C’è un sant’Antonio del Deserto, detto anche abate, vissuto nei primi secoli del cristianesimo e un sant’Antonio di Padova, francescano, arrivato mille anni dopo. L’eremo di sant’Antonio a Emaus è dedicato al primo, ma racchiude un ciclo di 32 quadri sulla vita del secondo, e un altro di 36 su quella del primo, forse per creare un po’ di confusione, certamente perché è diventato ospizio per suore francescane.


A sud di Bremgarten, poco sotto i due splendidi meandri che forse sono quattro, sta il convento delle benedettine di Hermetschwil dove arrivammo al termine dell’undicesimo pellegrinaggio. È bello attraversare la Reuss sul ponte di legno, è massacrante salire i cento gradini spaccagambe che portano al convento.


Il santuario Nostra Signora di Jonenthal è dedicato all’Annunciazione di Maria. Secondo una leggenda, la chiesa venne costruita dove un pastorello ritrovò illesa la sua capretta caduta dal dirupo. Rassicurato ma esausto dall’emozione si addormentò in quel luogo e al risveglio trovò la statua della Madonna che ora ci guarda dall’altare.


Ancora qualche chilometro a piedi e altri in bus ed eccoci al convento delle benedettine di Fahr dove ritroviamo la Limmat. Siamo in un’enclave del Canton Argovia conficcata nel Canton Zurigo, un cenobio cattolico in terra protestante. La chiesa è stata affrescata da artisti ticinesi. Le suore vivono grazie al lavoro della terra, in un lembo di terra che resiste stoicamente all’invasione del cemento.


Dobbiamo proprio servirci di questa macchina del tempo, per fare un viaggetto nel Medioevo. E allora prendiamo quota per osservare la macchia verde della foresta, serpentata dall’azzurro dei fiumi. Ecco in un piccolo slargo i monaci che dissodano le lande per poter vivere e pregare: hanno trovato un posto vicino all’acqua, con un po’ di pianura dove fare i campi e una cava dove procurarsi materiale da costruzione, naturalmente c’è il bosco che fornisce riparo e legna per scaldare e cucinare. Ora è tutta periferia di Zurigo. E non hanno lasciato l’erba.

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