Nel 612 il monaco eremita irlandese Gallo si stabilì vicino alle cascate del fiume Steinach, dove costruì un piccolo oratorio. Dopo la sua morte molte persone continuarono a recarsi dove aveva vissuto ed era stato sepolto. Passarono ancora cent’anni e in questo luogo venne fondato un monastero dall’abate Otmar. 1300 anni dopo la fondazione, anche noi andremo in pellegrinaggio sulla tomba del buon Gallo, diventato nel frattempo santo, eremita aiutato da un orso che lo riforniva di legna. Per raggiungerla ci metteremo sulle tracce dei monaci irlandesi (o celtici) e visiteremo qualche antico convento in questa terra retta da potenti abati che furono anche principi del Sacro Romano Impero.
Wil sorge su una rocca oramai ricoperta da edifici e ai suoi piedi sta il convento delle suore domenicane di santa Caterina d’Alessandria. Bella la chiesa in stile barocco, grande lo spazio occupato da questo convento che si è sviluppato negli anni per accogliere le allieve della scuola retta dalle suore, verde il giardino che lo circonda. La comunità di santa Caterina risale addirittura al 1228, quando a San Gallo c’era un convento di beghine.
L’abbazia delle benedettine di St. Gallenberg (la montagna di san Gallo), ha da un lato la dolce pianura e dall’altro un precipizio sul fiume Thur. È la rocca del Glattburg, dove un tempo sorgeva un castello, che si riconosce ancora nel profilo dell’edificio. Al centro della vita comunitaria rimane l’adorazione perenne (“ora”), ma le suore non disdegnano la vita dei campi (“labora”): hanno orti, giardini delle erbe e una fattoria data in gestione a terzi. Nata nel 1754, questa comunità è l’ultima filiazione ancora esistente dell’abbazia di San Gallo.
Anche il terzo monastero visitato ha origini antiche: alla sua genesi stanno sempre le beghine di San Gallo del 1228. Trasferitesi a Magdenau, nel 1247 ottengono la filiazione all’ordine cistercense. Il convento è come un piccolo borgo immerso nel verde dei boschi e protetto dalle mura. Nel silenzio le monache incontrano sé stesse, incontrano gli altri attraverso la preghiera e Dio le incontra.
Per raggiungere San Gallo ci infiliamo nel Cammino di San Giacomo. Si parte da Rorschach, dalla fontana a lui dedicata, dove i pellegrini riprendevano il passo dopo aver attraversato il Lago Bodanico in battello. Ai tempi qui c’era una cappella, la cui campana è stata inserita nella fontana, proprio sotto i piedi del santo.
A Rorschach c’è la chiesa parrocchiale dedicata ai santi Colombano e Costanzo. Colombano, anche lui monaco irlandese e compagno di Gallo, nel 590 varcò il mare per rievangelizzare il continente dopo la devastazione portata dai barbari. La parrocchiale ha una bella facciata convessa di forme barocche e campanile a cipolla.
Salendo per via rettilinea dal centro di Rorschach, ci si trova davanti il fastoso portale, barocco anche lui, dell’ex convento benedettino Mariaberg. È un edificio colossale, con 80 celle, costruito alla fine del Medioevo, che mai venne utilizzato per il suo scopo precipuo ma servì come: residenza degli abati, istituto teologico, lazzaretto e infine scuola magistrale cantonale. Qui nel primo Novecento visse, come domestica della famiglia di un docente, la beata Ulrica Nisch, soprannominata “Suor Niente”.
Tra Rorschach e San Gallo resiste un po’ di campagna, che si fa sempre più ingoiare dal cemento. Untereggen doveva un tempo essere borgo immerso nel verde, ora è periferia di città. Qui sta la parrocchiale di santa Maria Maddalena, una santa a più facce: come Maria di Magdala la sappiamo prima testimone della Resurrezione, come Maria di Betania la vediamo asciugare con la sua chioma i piedi di Gesù, c’è poi anche chi la identifica con l’adultera salvata da Gesù dalla lapidazione. A fare da fil rouge tra queste figure c’è la presa di coscienza del peccato che ha portato la Maddalena a diventare simbolo del pentimento.
Alla collezione di ordini religiosi visitati in questo pellegrinaggio mancavano i francescani. Colmiamo la lacuna con il convento dedicato a “Nostra Signora del Buon Consiglio” delle cappuccine di Notkersegg, sulle alture della città di San Gallo. Rimanendo sulle alture affianchiamo prima tre laghetti (bello fare l’escursione d’estate e rinfrescarsi nell’acqua) e poi ci fiondiamo in città passando dalle gole del Mühlebach.
Nel 1983, l’area abbaziale di San Gallo viene decretata dall’UNESCO, Patrimonio mondiale dell’umanità, si tratta infatti di uno dei maggiori centri culturali europei dell’Alto Medioevo. Impossibile descriverla in poche righe, ci limiteremo allora a due suggerimenti. Per la biblioteca: la cosiddetta “pianta di San Gallo”, disegno su pergamena del XI secolo che descrive una completa abbazia benedettina. Per la chiesa abbaziale, ora cattedrale: la cripta di san Gallo, un tempo “luogo selvaggio, con alte montagne, strette valli e numerosissimi orsi”.
C’è chi si reca nella Foresta Nera perché ama i boschi d’abete e chi cerca invece la torta di cioccolato e ciliegie. Chi desidera rivivere gli ambientamenti delle fiabe dei fratelli Grimm e chi vuole comperarsi un orologio a cucù. Chi si gode un’escursione in battello sul Titisee e chi punta alla sella di capriolo alla Baden-Baden. Noi andremo a caccia non di ungulati ma di santuari, vecchi monasteri e luoghi di spiritualità.
Partiamo da Kirchzarten, nella zona d’influenza del monastero benedettino di San Gallo, che dista in linea d’aria poco più di 100 chilometri e che già nell’816 possedeva qui beni e terre. La base della possente torre campanaria della parrocchiale parla di romanico, l’interno della chiesa racconta lo spumeggiante barocco-rococò. San Gallo è lì sopra l’altare principale, vegliato dall’orso che andava a trovarlo tutte le notti.
Qualche minuto verso Sud per salire sulla collinetta dello Giersberg, dove sta un piccolo santuario mariano con annesso “Café und Pilgerstube” (Ristorante e salotto del pellegrino), questo dedicato a san Lorenzo. Nel Settecento una voce suggerì a un pastorello che la Madonna doveva essere qui onorata.
Inversione di 180° per ripartire verso Nord, direzione Lindenberg, dove dopo una salita panoramica si raggiunge il santuario della Madonna delle Grazie, la più frequentata meta di pellegrinaggi dell’arcidiocesi di Freiburg. Nell’Ottocento vi si teneva l’adorazione perpetua: la preghiera e la contemplazione ininterrotta davanti all’ostia consacrata. Questa devozione è stata ripresa nel 1955 ed è tuttora praticata.
Nell’Undicesimo secolo i duchi di Zähringen fecero erigere a St. Peter un’abbazia benedettina destinata a conservare le loro tombe. Il monastero fu soppresso, ma resta la notevole chiesa abbaziale in sasso rosso, con le due alte torri campanarie e la straordinaria biblioteca in stile rococò. Gli stessi duchi fondarono anche le città di Friburgo (quella svizzera), Berna e Morat e gli stemmi di queste località si possono ammirare nella piazza centrale del borgo.
Ascendiamo un nuovo monte costellato di cappelle, il Kapfenberg, e terminiamo a St. Märgen, altro borgo immerso nella foresta, dove nel Medioevo venne eretto un convento agostiniano, anche lui soppresso nell’Ottocento. Resta la chiesa, oggi santuario affidato ai padri paolini di Czestochowa, dove si venera un’effigie della Madonna risalente al XII secolo. In questa località visse Matthias Faller, che nel Settecento decorò molte delle chiese ammirate in giornata.
Giornata d’acqua, non soltanto nel ricordo di quel 23 maggio 1999, quando camminammo nella Foresta Nera, ma anche in relazione ai luoghi visitati.
Si parte dallo Schluchsee, lago formato dall’opera dei ghiacciai e poi ingrandito con una diga, opera dell’uomo. La Dreiseebahn è una ferrovia a vocazione turistica di una ventina di chilometri che lo collega con il Titisee e che attraversa una regione dal carattere bucolico e romantico.
Dopo Pietro e Maria (Märgen), ecco un altro santo: Biagio. Il borgo di St. Blasien è sorto allungandosi in riva al fiume, per accompagnare l’abbazia benedettina la cui origine risale all’IX secolo. Era filiazione dell’abbazia di Rheinau (quella sulla doppia ansa del Reno), dalla quale ricevette le reliquie di san Biagio, protettore dalle malattie della gola. Il duomo del borgo spicca per l’imponente cupola neoclassica, alta 64 m e con un diametro di 32, edificata sul modello del Pantheon di Roma.
Raggiungiamo Todtmoos, priorato dell’abbazia di St. Blasien, percorrendo il Kirchweg. Qui venivano accolti i numerosi pellegrini che giungevano per pregare la Madonna addolorata, specialmente in tempi di guerre ed epidemie. La chiesa si raggiunge al termine di una ripida salita, che affrontata al termine di due giorni di cammino la fa diventare ancor più ostica. Cosa c’entra Todtmoos con l’acqua? Beh, la traduzione italiana del toponimo suona “acquitrino del morto”. Brrrrrrr…
La pianura della Linth fa da scenario al primo giorno di cammino. Nel Primo Ottocento l’opera dell’uomo – a idearla fu Hans Conrad Escher – realizzò il canale che trasformò questa regione acquitrinosa e malsana in un terreno adatto alla coltivazione. Partendo da questa pianura che si fa bella tra due specchi d’acqua (il Walensee e il lago di Zurigo), il secondo giorno puntiamo a nord ondeggiando tra le colline del Toggenburgo. È stata questa la sedicesima e ultima volta che don Marco Dazzi, parroco di Massagno, ha guidato il cammino dei pellegrini.
Si parte dal lago di Zurigo, in territorio del Canton Svitto. A Lachen dove una volta c’era un canneto (Ried) in riva al lago, è stata edificata una cappella dove nel 1529 una statua della Madonna fu rinvenuta da un pescatore nelle acque. L’uomo la portò a casa sua e questo fu il primo atto di una lunga vicenda che ci porta oggi ad ammirare il santuario di Maria Addolorata.
A Galgenen ci fermiamo a pregare san Giudoco (Jost), eremita e pellegrino, nella cappella affrescata dentro e fuori. L’hanno messo qui perché è una tappa del Cammino di Santiago, lungo la via che da Rorschach portava ad Einsiedeln. Splendido l’interno con le storie di san Nicolao e di san Giudoco alle pareti che sembra di leggere un fumetto, e preziose le medievali scene della Passione di una “Biblia pauperum”.
Altro fumetto affrescato nella chiesa di Siebnen. Questa volta racconta la storia di san Nicola (quello di Bari, non il nostro Nicolao nazionale). Bisognerebbe prendere il tempo e sostare con calma in queste chiese per leggere e contemplare. Ma dobbiamo riprendere il cammino per giungere alla meta prima di sera.
Siamo in terra fertile per la fede, poco distante dal santuario mariano di Einsiedeln. Ci spostiamo di pochi chilometri ed ecco un nuovo notevole edificio religioso. È la cappella della santa Trinità a Tuggen, dove è raccontato in grisaille il miracolo della guarigione di Anna, bambina paralitica di Uznach. Anche questo un fumetto murale, decisamente agli Svittesi di un tempo piaceva raccontare storie. In questo stesso paese trovasi anche una cappella di Loreto, una delle 41 ricostruzioni svizzere della Santa Casa trasportata dagli angeli nelle Marche.
Eccoci nel castello di Grynau, sui bordi del canale della Linth, qualcuno sarà sorpreso perché non si tratta di un edificio sacro. E invece andiamo lì proprio perché ci interessa sostare nella cappella dei 14 santi Ausiliatori, gli antesignani della moderna medicina. Luogo prediletto dagli ipocondriaci che potevano allegramente sbizzarrirsi nelle devozioni. Sant’Erasmo per lenire il mal di pancia, sant’Acacio per far passare l’emicrania, san Vito come antiveleno…
Ultima tappa di questa giornata ricca di tesori d’arte e di fede è il santuario Maria Bildstein di Benken, nel Canton San Gallo. Saliamo sulla collina che si erge in mezzo alla pianura dove ci aspettano le grotte posticce, la Via Crucis e la moderna chiesa. Su questa collina del Buchberg un tempo la gente saliva per implorare la Madonna contro la malaria. Poi arrivò a bonificare l’ingegner Hans Conrad Escher, che terminata l’opera ricevette anche la qualifica onoraria di “von der Linth”.
(Km: 17. Dislivello: 700 m, mezzo ausiliario il bus)
Weesen non è il punto di partenza del cammino odierno, se fossimo al Giro di Francia diremmo che è una partenza fittizia. A Weesen si pernotta e ci si rifugia sotto le ali della Madonna (Maria Zurflucht), nel convento delle suore domenicane contemplative. La comunità è attiva nella fabbricazione di ostie e recentemente è stata reintrodotta la vigna. Il pane e il vino, simbolo dell’eucarestia. Un tempo il convento era sulla riva del lago. Dopo l’intervento del nostro amico Escher il lago si è ritirato di 200 metri e il convento, senza essersi mosso, sta ora in collina.
La partenza effettiva avviene ad Uznach dove c’è l’abbazia St. Otmarsberg, dei monaci benedettini della congregazione missionaria di santa Ottilia, il cui motto è “lumen caecis” (luce per i ciechi). Forse è per questo che chiesa e monastero, edifici di recente costruzione, sono stati dotati di un imponente impianto per l’energia solare. È una congregazione missionaria, che conta circa 1100 monaci in 20 monasteri sparsi in quattro continenti.
A Gommiswald troviamo le suore del convento Monte Sion, ordine che si rifà alla regola di sant’Agostino. È l’ultimo monastero premonstratense ancora esistente in Svizzera. Le monache lavorano nei campi, assistono le persone nella casa di cura annessa al convento e da 250 anni pregano per noi assieme alla Madonna, inginocchiandosi nella sua Santa Casa che è stata qui ricostruita nel Settecento.
Si valica il passo del Ricken e si sale fino nella zona di Laad dove c’è il ricordo di un pranzo in cascina scaldati dal fiato delle mucche. Camminando tra boschi e valli e passando da una fattoria all’altra in queste terre d’insediamento diffuso, giungiamo a Wattwil, dove ci aspetta, arroccato sul paese e chiuso entro un muro di cinta, il convento santa Maria degli Angeli delle suore cappuccine. Nido d’aquila, dove gli angeli hanno trovato dimora.