SECONDO GIORNO: DAL LAGO D’ORTA AL SACRO MONTE DI VARALLO

(Km: 16. Dislivello: 1000 m, mezzo ausiliario: traghetto)

L’isola di San Giulio è un gioiello racchiuso in uno scrigno d’acqua. È terra di silenzio e di spiritualità. Te la trovi davanti, come meta agognata, ma per raggiungerla qualcuno deve traghettarti. Ti avvicini contemplandola, lasciandoti catturare dal fascino di questo mazzo di case che spunta dall’acqua. Nella basilica di san Giulio si può pregare davanti alle ossa del santo e ammirare uno splendido ambone romanico.

 

 

 

E per descrivere l’itinerario, prendiamo a prestito, una tantum, le parole di Samuel Butler, viaggiatore inglese dell’Ottocento, uomo dai facili entusiasmi romantici, ma dalla penna agile e feconda. “Ma torniamo a Varallo, o piuttosto al modo di raggiungerlo attraverso la Colma. Non c’è nulla in tutta l’Italia settentrionale più bello di questa passeggiata, con i suoi declivi simili a parchi coperti di castagni e di pascoli ondulati punteggiati da deliziosi fienili quali si possono trovare soltanto in Tiziano. Si potrebbe quasi credere che Händel l’avesse avuto in mente quando scrisse la sua aria divina: Verdi prati.”

 

 

La Madonna del Sasso è costruita in verticale sopra il paese di Arzo, e domina il lago d’Orta da uno spuntone roccioso. La costruzione è del periodo barocco.

 

 

 

 

 

A Varallo c’è la chiesa di santa Maria delle Grazie, tipica chiesa conventuale francescana. Come santa Maria degli Angeli a Lugano, sulla parete divisoria tra lo spazio dei frati e quello dei fedeli, presenta un grandioso affresco del 1513 di Gaudenzio Ferrari che descrive in 20 riquadri vita e passione di Cristo.

 

 

 

 

Verso la fine del Medioevo, i pellegrinaggi in Terrasanta erano divenuti pericolosissimi, essendo la Palestina in mano ai Turchi. Per rendere possibile l’esperienza del pellegrinaggio nella Terra di Gesù, si ricrearono gli ambienti. Il Sacro Monte di Varallo è un’incredibile Cinecittà medievale, dove su una balconata rocciosa affacciata sulla città è stata ricostruita Gerusalemme e si può ripercorrere, attraverso 44 cappelle, il percorso che Nostro Signore fece per salire sul Monte Calvario.

Nel canton Vallese all’antica abbazia di St-Maurice

Pellegrinaggio numero 25

Il fiume Rodano si è fatto strada incidendo le montagne. Scende dalle Alpi, raccoglie le acque che provengono da Nord e da Sud e scava un solco naturale che collega i due versanti. Lungo il suo fondovalle sono passati militari, pellegrini, commercianti e viaggiatori. Vallese è il nome che è stato dato alla valle che ha formato prima di affidare le acque al Lago Lemano.

Scenderemo il Vallese di città in città, scrutando le tracce di chi ha vissuto la fede in Gesù Cristo e chissà se, dopo aver raccolto il testimone dalle loro mani, sapremo a nostra volta trasmetterlo.

PRIMO GIORNO: DA SIERRE A SION

(Km: 18. Dislivello: 400 m. Mezzo ausiliare: bus)

 

Appoggiato alla montagna sopra Sierre, circondato dai vigneti,  sta il monastero Notre-Dame de Géronde. Qui già nel 500 venne costruita una chiesa e molte delle grandi famiglie spirituali hanno vissuto in questo luogo. Ora ci stanno le suore bernardine di Collombey, legate alla famiglia cistercense.

 

 

A Granges prendiamo il “Chemin du vignoble”: ci tuffiamo nella vigna tra scalinate e muri a secco. I sentieri a strapiombo sono disegnati nelle sassose pareti e sotto di noi il Rodano imbrigliato fende la pianura come una spada. Per buona parte del percorso siamo affiancati da una “bisse”, il canale d’irrigazione che distribuisce l’acqua in questa che è la zona più arida di tutta la Svizzera.

 

 

La preziosa acqua è conservata anche nelle viscere della roccia: a Saint-Léonard c’è il lago sotterraneo accessibile più grande d’Europa. Anche in questa località la vigna è dappertutto e quando le piante sono senza foglie, i pendii sono pennellati del colore della terra. Se dal cielo scende poca acqua, in terra non è certo il vino che manca.

 

 

Due colline interrompono a Sion la piana del fondovalle;
le hanno chiamate Tourbillon e Valère. In cima a quest’ultima sta una chiesa fortificata, ora basilica. Ha ancora il tramezzo, elemento architettonico progressivamente eliminato dopo il concilio di Trento. Ha anche l’organo più antico al mondo ancora funzionante, incastonato a nido di rondine sulla parete di fondo. E in città si trova la più antica iscrizione cristiana della Svizzera: un monogramma di Cristo dell’anno 337.

SECONDO GIORNO: DA MARTIGNY A SAINT-MAURICE

(Km: 18. Dislivello: 50 m)

A Martigny il Reno alza il gomito, forse ubriacato dalla troppa vigna, e punta verso ovest. Gli abitanti del posto si chiamano Octoduriens, dal nome latino della città dove giunge la strada del passo del Gran San Bernardo. E ai tempi dei romani qui risiedeva san Teodulo, primo vescovo del Vallese e patrono dei vignaioli vallesani. La chiesa parrocchiale Notre-Dame de la Visitation fu in origine, con buona probabilità, la sua cattedrale.

 

 

Vernayaz è un comune appena centenario, essendo stato creato dopo la bonifica della piana del  Rodano. Qui prosperano gli alberi da frutta e da qui passa la via Francigena, itinerario che dal Medioevo porta i pellegrini da Canterbury a Roma.

 

 

 

A Vérolliez sono stati uccisi, attorno al 286, i soldati romani della legione tebana, guidati da Maurizio. Divennero martiri per non aver voluto eseguire ordini in contrasto con il loro credo. A loro è attribuita questa testimonianza di fede nel Cristo: “Lui ci ha fatto passare dal niente alla vita”. Dopo circa cent’anni il vescovo Teodulo fece trasferire le loro ossa a pochi chilometri di distanza, dove la valle si stringe.

 

Sul sepolcro dei martiri, testimoni della fede, venne eretto prima un santuario poi, nel 515, un monastero, cui succedette una comunità di canonici che ancor oggi segue la regola di sant’Agostino. La località prese il nome di Saint-Maurice ed è ancora ai nostri giorni il più vecchio monastero del Nord Europa dove la vita religiosa scorre senza soluzione di continuità.

 

 

L’abbazia conserva il tesoro più importante della Svizzera, segno di una venerazione che risale ai primi anni del cristianesimo, e un ambone carolingio raffigurante la croce, albero della vita. Molto simile a quello che si trova a Romainmôtier… un incentivo per andare presto a vederlo?

 

 

Documenti

  • Scarica la presentazione del pellegrinaggio qui
  • Scarica la seconda circolare con i dettagli del pellegrinaggio qui
  • Scarica la presentazione del percorso qui
  • Scarica l’altimetria del primo giorno qui
  • Scarica l’altimetria del secondo giorno qui

Sulle orme di Carlomagno attraverso la Val Monastero

Pellegrinaggio numero 7

Fede, arte, natura, storia: ecco i quattro elementi che caratterizzano Momenti d’Incontro. Conditi con la delizia della comunità fan sì che i pellegrinaggi siano dei momenti veramente speciali. E lungo le strade dei Grigioni queste quattro parti si combinano e si incrociano ad ogni piè sospinto. Due monasteri da dove la preghiera sale incessante da più di un millennio, affreschi di epoca carolingia, due parchi nazionali di selvaggia bellezza e la figura dell’imperatore Carlomagno che fa da corona al tutto.

Primo giorno: da S-charl a Valchava

(Km:  18. Dislivello: 600m)

S-Charl è frazione di Scuol, comune della Bassa Engadina. Lo si raggiunge con una strada aperta solo d’estate, salendo una valle che sembra più un canyon e che fa da confine al Parco nazionale svizzero. Il nucleo ha una quindicina di belle case engadinesi di carattere massiccio, con muri grossi così, a proteggere dal gran freddo dell’inverno. Qui si possono ancora vedere le miniere da cui un tempo venivano cavati argento e piombo.

 

Con un po’ di fortuna si può incontrare l’orso nella foresta di Tamangur, il bosco di pini cembri più alto d’Europa. Ma usciti dalla foresta si apre l’incantevole sella del pass da Costainas, (2251 metri di altitudine, il record dei nostri pellegrinaggi) dove i prati sono tappeti, l’aria è come cristallo e in primavera le genziane ammaliano il viandante che si inebria di cotanta bellezza.

 

 

 

Dall’Engadina si passa in Val Monastero e si scende su , fino al 2009 il comune più alto d’Europa e forse anche quello con il nome più corto. Paese di allevatori, perché cosa mai si potrebbe coltivare a quest’altezza? Qui i prati sono ampi e il mondo lo si guarda dall’alto.

Secondo giorno: Da Müstair a Marienberg

(Km:  16,5. Dislivello: 300 m)

La leggenda vuole che il monastero di san Giovanni a Müstair sia stato voluto da Carlomagno. Qui si trovano una statua e un quadro che lo rappresentano e qui il 28 gennaio l’imperatore viene venerato come santo, una canonizzazione discussa perché fatta da un antipapa. Sulle pareti della chiesa sta il più grande ciclo di affreschi risalenti all’Alto Medioevo conservato al mondo e ciò l’ha fatto proclamare dall’UNESCO patrimonio dell’umanità.

 

 

 

La val Monastero comincia sul passo del Forno e accompagna gli umori del fiume Rom che dopo una ventina di chilometri, appena passato Müstair, passa la dogana e va in Italia. È un territorio verde e ordinato, ancora poco battuto dal turismo di massa. Il Rom prosegue poi per 10 chilometri prima di raggiungere la pianura e buttarsi nell’Adige nei pressi di Glorenza, nell’italiana Val Venosta.

 

 

Anche a Malles si trovano due splendidi affreschi d’epoca carolingia (siamo prima dell’anno Mille!), prova che qui la storia c’è stata davvero. Sono nella chiesa di San Benedetto e raffigurano uno il feudatario fondatore della chiesa e l’altro un chierico che offre a Cristo il modellino della cappella che vuole dedicargli.

 

 

 

Il fondovalle della Venosta è ampio e pianeggiante ma un imponente candido edificio l’osserva dall’alto. È l’abbazia di Marienberg, ardita costruzione che, con le sue cuspidi a cipolla, sta come un gioiello incastonato nel bosco. Da non perdere è la cripta dove gli angeli svolazzanti nel cielo blu danzano attorno al Cristo Pantocrate.