Antiche abbazie e santuari lungo il Reno. Da Paradiso alla tomba di santa Verena.

Pellegrinaggio n. 31

Abbiamo visto il Reno bambino a Disentis, quando aveva appena imparato a camminare. L’abbiamo ritrovato ragazzino a Bad Ragaz, ai piedi dell’abbazia di Pfäfers. A Reichenau, appena uscito dal lago di Costanza, era adolescente, pronto per affrontare la vita. Ora ci aspetta, giovanotto, a Rheinau, poco prima di sposarsi e di lanciarsi nell’immensa pianura piena di avventure, per poi disperdersi in mille meandri e gettarsi nel mare dove terminerà la sua vita terrena.

Sono quattro abbazie nate nell’Alto Medioevo sulle rive del Reno e che hanno attinto le sue acque per fecondare la nostra terra.

PRIMO GIORNO: DA PARADIES A EGLISAU

(Km: 17. Dislivello: 200 m, mezzi ausiliari: traghetto e battello)

Qui, a due passi dall’argine del Reno, le suore di santa Chiara vennero a stabilirsi poco dopo la morte di san Francesco, loro ispiratore. La terra umbra dettò al poverello di Assisi il Cantico delle creature; questo piccolo angolo di Paradiso avrebbe forse potuto fare altrettanto.

 

 

 

 

Prendiamo il traghetto per attraversare il Reno e avvicinarci a Sciaffusa, dove 1000 anni fa i benedettini fondarono un’abbazia. Nel cuore della città resta la chiesa, che racchiude un singolare ciclo d’affreschi ispirato al Credo, un grande chiostro in parte ricostruito e il robusto campanile.

 

 

 

 

 

Eccoci alle cascate. Il nostro fiume, fin lì placido, si getta a capofitto tra le rocce, le incoccia schiumando, si traccia zigzagando la strada. Sembra uno sciatore tra i paletti dello slalom. La gente ammira le sue evoluzioni dalle rive e applaude. Lui si ferma solo nell’ampia area d’arrivo, orgoglioso dello spettacolo offerto.

 

 

 

 

 

Su un isolotto formatosi nella doppia ansa del Reno, un vero incanto della natura, davanti a noi si staglia l’abbazia di Rheinau. Si può solo contemplare ed essere riconoscenti verso chi ha creato armonia, accompagnando la sinuosità del fiume con eleganti edifici che ne vigilano il cammino.

 

 

 

 

Percorriamo la via d’acqua in battello fino a Eglisau. Sulle rive ci osservano molti uccelli, le piante che affondano le radici nell’acqua, qualche intrepido bagnante. Eglisau è un borgo che si specchia nel Reno, ha le case alte ed eleganti, con ampio tetto spiovente. È dominato da una chiesa a due piani, con la navata al piano superiore. Probabilmente il pian terreno ogni tanto ospita il fiume Reno quando questi, arrabbiato, decide di uscire dai gangheri.

SECONDO GIORNO: DA WISLIKOFEN A BAD ZURZACH

(Km: 16. Dislivello: 400 m)

La prepositura benedettina di Wislikofen si trova tra boschi e campi. Facile immaginare che quando venne iniziata, poco dopo l’anno Mille, i monaci dovettero dissodare questa regione di gagliarde colline che sovrastano il Reno. Passata in mani laiche ha però mantenuto il suo carattere di monastero e i suoi volumi raccontano ancora la vita spirituale che qui pulsava un tempo.

 

 

 

 

Il triangolare campanile della chiesa di santa Caterina a Klingnau taglia l’orizzonte, così come più in là nubi dense e inquietanti si alzano dalla bocca rotonda della centrale nucleare di Leibstadt. Accanto al paese ecco profilarsi l’oasi naturalistica del lago artificiale formato dall’Aar poco prima di tuffarsi nel Reno. Opere dell’uomo e della natura si affiancano, stridendo.

 

 

 

 

Da Klingnau si sale sull’Achenberg, sulla sella del quale monaci eremiti edificarono, nel Seicento, un santuario sul modello della Santa Casa di Loreto. La dimora di Maria si disegna, come casa che ti accoglie e ti protegge, tra l’ombra dei boschi e il verde dei pascoli.

 

 

 

 

 

Dalle colline si scende su Bad Zurzach, la romana Tanedo, località conosciuta per il ponte sul Reno e per la memoria di santa Verena, qui sepolta.

 

 

Una santa che marcò i primi passi del cristianesimo in Svizzera e che è rappresentata con gli attributi del pettine e della brocca. Modello di carità, utilizzava questi oggetti per curare e nutrire i poveri.

Da Einsiedeln al Ranft per il Cammino di San Giacomo

Pellegrinaggio numero 20

Per il ventesimo pellegrinaggio ritroviamo la partenza e l’arrivo del primo: il Ranft e Einsiedeln. Questa volta però a ruoli invertiti. Da Einsiedeln ci dirigeremo verso ovest, riprendendo il Cammino di San Giacomo che parte da Costanza (le prime quattro tratte le avevamo già percorse nei pellegrinaggi 9 e 10). Completiamo così un altro tassello del tragitto che nel Medioevo portava i pellegrini verso la Spagna, per raggiungere Santiago di Compostella e pregare sulla tomba dell’apostolo Giacomo il Maggiore.

Primo giorno: Da Einsiedeln a Brunnen

(Km: 16. Dislivello: 500 m. Mezzi ausiliari: autobus)

Einsiedeln è nostra sede di tappa per la quarta volta (due volte in arrivo, altre due in partenza), non per niente è il più importante santuario mariano su suolo elvetico. Ci siamo giunti nel primo e nel decimo pellegrinaggio, ci siamo partiti nell’undicesimo e nel ventesimo. Imponente è la chiesa, dove subito colpiscono gli stucchi rosa e le decorazioni rococò. Imponente è il monastero, con i grandiosi corridoi e le ali monumentali. Delicata è la cappella della Madonna Nera, dove da secoli i fedeli pongono le loro gioie e le loro pene nelle mani della Vergine.

 

 

 

Attraverso il passo dell’Haggenegg raggiungiamo Svitto, capitale dell’omonimo cantone. Siamo nel cuore della Svizzera, dalla bandiera degli svittesi è nato il vessillo elvetico. E nel cuore della città ecco due perle: la bianca chiesa parrocchiale di san Martino e, poco discosto, il Kerchel, ossario a due piani. Sotto sta la chiesa, sopra la cappella di san Michele arcangelo, quello che pesa le anime dopo la morte, decorata con sfarzosi dipinti.

 

 

 

Ad Unterschönenbuch, frazione di Ingenbohl, visitiamo il santuario di san Vendelino, pastore scozzese dell’Alto Medioevo. È costruzione elegante, ha un portico che invita ad entrare e un tetto a quattro spioventi.

 

 

 

 

 

 

Dello stesso stampo è la cappella federale di Brunnen, sita sul luogo dove venne stipulato il patto del Morgarten del 1315. C’è chi considera questo il vero atto di fondazione della Confederazione Elvetica.

Secondo giorno: da Stans al Ranft

(Km: 17. Dislivello: 700 m)

A Stans, accanto alla monumentale chiesa di San Pietro, ci confrontiamo con un altro mito della storia svizzera: Arnoldo da Winkelried. La statua lo ritrae con il petto trafitto dalle lance: si era infatti sacrificato per creare una breccia nel fronte avversario. Sopra di lui un soldato brandisce il Morgenstern per avanzare tra le linee nemiche.

 

 

 

 

Eccoci pronti per un’infilata di prati e boschi all’ombra dello Stanserhorn, il corno di Stans. Due le cappelle interessanti a Wisserlen, bucolica frazione di Kerns. Una a Mei, con notevoli ex voto, è dedicata alla Vergine. L’altra è dedicata a santa Caterina d’Alessandria e si trova vicino alla forca dove un tempo venivano giustiziati i condannati.

 

 

 

 

Ancora si parla di morte poco più in là, nella cappella di sant’Antonio eremita ad Halten, dove una danza macabra accoglie il fedele rammentandogli la caducità della vita.

 

 

 

 

 

 

Le cappelle disseminate nei campi, quasi a fecondare la terra di spiritualità, ci preparano ad una straordinaria visione: la chiesa di san Nicola di Myra nell’omonimo paese, frazione di Kerns. Gli spettacolari affreschi trecenteschi del coro ne fanno uno dei tesori d’arte sacra in Svizzera. 26 riquadri narrano la vita di Gesù, altri 13 raccontano vita e miracoli di san Nicola.

 

 

 

 

Ci infiliamo nella forra dove ammiriamo con stupore le eleganti linee della Möslikapelle, eremo edificato nel 1484 per ospitare fra Ulrico, discepolo di san Nicolao della Flüe. Poi si attraversa il fiume ed eccoci al praticello del Ranft. La cappella inferiore è sontuosa e contrasta con l’estrema semplicità dell’eremo, poco sopra, dove san Nicolao viveva in umiltà e preghiera.

Da Fischingen ad Einsiedeln proseguendo il “Cammino di San Giacomo”

Pellegrinaggio numero 10

Nell’abbazia di Fischingen c’è la tomba di Idda, contessa del Toggenburgo venerata come santa. Nell’altare-sarcofago a lei dedicato c’è un buco nel quale i pellegrini introducono i piedi chiedendo per sua intercessione di poter guarire dalle malattie degli arti inferiori. Siamo pellegrini privilegiati, i nostri piedi ci permettono di continuare la strada e allora ci incamminiamo verso Einsiedeln, che fu già la meta del primo pellegrinaggio, dove ci aspetta la Madonna Nera.

Primo giorno: da Fischingen a Bubikon

(Km: 20,5. Dislivello: 700 m, mezzo ausiliario: bus)

 

Il monastero di Fischingen, retto dai Benedettini, ha origini nobili: c’entrano il vescovo di Costanza e i signori del Toggenburgo. Sullo stemma ci sono due pesci: dicono che qui c’era uno stagno. Facciamoci ammaliare dagli stucchi e dalle decorazioni barocche della chiesa ma ritorniamo poi nella cappella di santa Idda. Tra le immagini che illustrano sua la leggenda si trova il cervo con le corna fiammeggianti che le illuminava il cammino. Lasciamo che indichi la strada anche a noi.

 

 

 

Dopo un paio di chilometri si arriva ad Au, paesotto che ospita una chiesa di origine antiche dedicata a sant’Anna e… a santa Idda, potevate ben immaginarlo.

 

 

 

 

 

 

Da qui comincia la salita, verso il cornetto o Hörnli, punto panoramico dal quale nei giorni di bel tempo si gode impareggiabile vista. Diversa la faccenda se il tempo è brutto…

 

 

 

 

 

 

Lungo la strada si incontrano varie locande che un tempo ospitavano i pellegrini. Ad Allenwinde, prima di salire sul cornetto, la locanda Zum Kreuz (alla croce). Dopo essere ridiscesi sul fondovalle del Töss, ecco “Zum Steg”, con all’interno decorazioni del Seicento. Da qui, per risparmiare qualche chilometro, il bus ci trasporta lungo la vallata di Fischental fino a Gibswil.

 

 

 

 

Poco più avanti, a Blattenbach, ecco una nuova locanda: il “Rothes Schwert” (la spada rossa) dove sulla facciata due iscrizioni ricordano al pellegrino la precarietà dell’esistenza.

 

 

 

 

 

 

Il nostro cammino termina nella commenda dei cavalieri di san Giovanni a Bubikon. Uno splendido complesso di edifici medievali, realizzato dall’ordine equestre (divenuto più tardi Ordine di Malta), per offrire assistenza ospedaliera ai pellegrini. Tracce di affreschi del Duecento si vedono ancora nella cappella in cui viene celebrata la santa messa.