Grimmenstein – Jakobsbad. L’Appenzello interno.

Pellegrinaggio numero 14
Appenzello viene dal latino “abbatis cella” (la cella dell’abate), lo potete leggere sulla cartina settecentesca. Ma se è chiaro di che abate si tratti (quello della vicina San Gallo), ancora oscura è la questione della cella. Si tratta di una piccola stanza, dove l’abate poteva riposarsi e trovare la tranquillità, o della cantina, dove invece rifocillarsi? Entrambe le ipotesi sono convincenti. Appenzello è oasi di pace e di natura ma anche luogo di agricoltura e pastorizia. A noi persuadono entrambi i significati.
PRIMO GIORNO: DAL CONVENTO DI SANTA OTTILIA A GRIMMENSTEIN A QUELLO DI MARIA ROSENGARTEN A WONNENSTEIN
(Km: 17,5. Dislivello: 600 m. Mezzi ausiliari: autobus)
Appenzello è nato nel 1513 come cantone a sé stante poi, in seguito ai contrasti tra cattolici e protestanti, si è diviso in due semi-cantoni. Il Canton Appenzello Interno, a maggioranza cattolica, ha quattro exclavi (due territori e due conventi) completamente circondati dal cantone di Appenzello Esterno. Uno di questi è il convento di santa Ottilia a Grimmenstein, delle suore cappuccine. Si occupano della nostra salvezza spirituale attraverso la preghiera, e della nostra salvezza materiale, producendo medicinali a base di erbe, balsami, tisane e l’amaro francescano.
Questo angolo ad est di Appenzello si infila nella valle del Reno. A noi sta ora il compito di procedere verso ovest, slalomando tra exclavi e cantoni, e di risalire la china, un po’ a piedi un po’ supportati dagli autobus.
Superando le dolci colline appenzellesi, ricamate dalle strade ferrate giungiamo ad Haslen, nel territorio di Appenzello Interno, dove ci aspetta il santuario di Maria Ausiliatrice (Maria Hilf). È chiesa di inizio Novecento, edificata nello stile neoromanico. L’impianto è effettivamente simile al romanico, ma c’è anche molto “neo”, perché dello stile medievale mancano l’essenzialità e la compostezza.
Terminiamo la giornata in un altro convento appenzellese. Siamo nel roseto di Maria (Maria Rosengarten) a Wonnenstein. Giusto per confondere ancora un po’ le idee, questa è un’altra exclave di Appenzello Interno: siamo infatti nel canton Appenzello Esterno, anche se ci troviamo a pochi metri di questo stesso cantone. Inutile cercare spiegazioni. Anche qui ci sono suore cappuccine che analogamente a quelle incontrate all’inizio della giornata si occupano della salvezza di tutti gli uomini. Indistintamente.
SECONDO GIORNO: DALL’EBENALP A JAKOBSBAD
(Km: 19. Dislivello: 350 m. Mezzi ausiliari: filovia)
Da Wasserauen, sul fondovalle, la funivia che sale un dislivello di 700 metri ci porta ai 1600 metri del verde balcone dell’Ebenalp. Da qui un sentiero tracciato in un’impressionante parete verticale scende sulla Wildkirchli, la chiesetta selvaggia dedicata all’arcangelo Michele, proprio accanto al ben più noto ristorante dell’Aescher. Prima degli eremiti qui solevano ritirarsi gli orsi e gli uomini primitivi.
A Steinegg occorre fermarsi alla cappella di santa Maria Maddalena, per gustarsi fuori i graffiti e dentro gli angeli che volano sul soffitto. Le creature alate sono opera di Johannes Hugentobler, detto il “pittore degli angeli”, artista capace di rendere visibile l’invisibile.
Ad Appenzello ci aspetta il tozzo campanile della chiesa di San Maurizio, con accanto il cimitero che sa di giardino. Bisogna poi percorre la via che attraversa il borgo e guardare all’insù, dove le pareti colorate delle case si esibiscono all’incedere del viandante. Occhio a non lasciarsi sfuggire la minuta cappella della Santa Croce, con le vetrate di Ferdinand Gehr che ricordano i misteri dolorosi. Il percorso ha sbocco naturale sulla piazza della Landsgemeinde, cuore della democrazia elvetica.
Ai margini del paese, in località Rinkenbach, ecco la cappella santuario di sant’Antonio di Padova, eredità della spiritualità francescana che guarnì di conventi la cittadina. Un tempo fu meta di pellegrinaggi sin dal Liechtenstein, per implorare la protezione su cavalli e mucche.
Via ancora, a superare declivi, a scendere colline, a lasciar correre i passi lungo la pianura. Si raggiunge infine Jakobsbad, dove un’altra casa di cura ci ricorda la vocazione appenzellese per occuparsi dei malati. A noi interessa però il convento Leiden Christi, intitolato alla Passione di Nostro Signore. Le suore, anche qui cappuccine, pregano, ospitano pellegrini, producono medicamenti, il liquore Angelika e portano un cordone rosso in segno di devozione al Prezioso Sangue di Cristo.
Antiche abbazie e santuari lungo il Reno. Da Paradiso alla tomba di santa Verena.

Pellegrinaggio n. 31
Abbiamo visto il Reno bambino a Disentis, quando aveva appena imparato a camminare. L’abbiamo ritrovato ragazzino a Bad Ragaz, ai piedi dell’abbazia di Pfäfers. A Reichenau, appena uscito dal lago di Costanza, era adolescente, pronto per affrontare la vita. Ora ci aspetta, giovanotto, a Rheinau, poco prima di sposarsi e di lanciarsi nell’immensa pianura piena di avventure, per poi disperdersi in mille meandri e gettarsi nel mare dove terminerà la sua vita terrena.
Sono quattro abbazie nate nell’Alto Medioevo sulle rive del Reno e che hanno attinto le sue acque per fecondare la nostra terra.
PRIMO GIORNO: DA PARADIES A EGLISAU
(Km: 17. Dislivello: 200 m, mezzi ausiliari: traghetto e battello)
Qui, a due passi dall’argine del Reno, le suore di santa Chiara vennero a stabilirsi poco dopo la morte di san Francesco, loro ispiratore. La terra umbra dettò al poverello di Assisi il Cantico delle creature; questo piccolo angolo di Paradiso avrebbe forse potuto fare altrettanto.
Prendiamo il traghetto per attraversare il Reno e avvicinarci a Sciaffusa, dove 1000 anni fa i benedettini fondarono un’abbazia. Nel cuore della città resta la chiesa, che racchiude un singolare ciclo d’affreschi ispirato al Credo, un grande chiostro in parte ricostruito e il robusto campanile.
Eccoci alle cascate. Il nostro fiume, fin lì placido, si getta a capofitto tra le rocce, le incoccia schiumando, si traccia zigzagando la strada. Sembra uno sciatore tra i paletti dello slalom. La gente ammira le sue evoluzioni dalle rive e applaude. Lui si ferma solo nell’ampia area d’arrivo, orgoglioso dello spettacolo offerto.
Su un isolotto formatosi nella doppia ansa del Reno, un vero incanto della natura, davanti a noi si staglia l’abbazia di Rheinau. Si può solo contemplare ed essere riconoscenti verso chi ha creato armonia, accompagnando la sinuosità del fiume con eleganti edifici che ne vigilano il cammino.
Percorriamo la via d’acqua in battello fino a Eglisau. Sulle rive ci osservano molti uccelli, le piante che affondano le radici nell’acqua, qualche intrepido bagnante. Eglisau è un borgo che si specchia nel Reno, ha le case alte ed eleganti, con ampio tetto spiovente. È dominato da una chiesa a due piani, con la navata al piano superiore. Probabilmente il pian terreno ogni tanto ospita il fiume Reno quando questi, arrabbiato, decide di uscire dai gangheri.
SECONDO GIORNO: DA WISLIKOFEN A BAD ZURZACH
(Km: 16. Dislivello: 400 m)
La prepositura benedettina di Wislikofen si trova tra boschi e campi. Facile immaginare che quando venne iniziata, poco dopo l’anno Mille, i monaci dovettero dissodare questa regione di gagliarde colline che sovrastano il Reno. Passata in mani laiche ha però mantenuto il suo carattere di monastero e i suoi volumi raccontano ancora la vita spirituale che qui pulsava un tempo.
Il triangolare campanile della chiesa di santa Caterina a Klingnau taglia l’orizzonte, così come più in là nubi dense e inquietanti si alzano dalla bocca rotonda della centrale nucleare di Leibstadt. Accanto al paese ecco profilarsi l’oasi naturalistica del lago artificiale formato dall’Aar poco prima di tuffarsi nel Reno. Opere dell’uomo e della natura si affiancano, stridendo.
Da Klingnau si sale sull’Achenberg, sulla sella del quale monaci eremiti edificarono, nel Seicento, un santuario sul modello della Santa Casa di Loreto. La dimora di Maria si disegna, come casa che ti accoglie e ti protegge, tra l’ombra dei boschi e il verde dei pascoli.
Dalle colline si scende su Bad Zurzach, la romana Tanedo, località conosciuta per il ponte sul Reno e per la memoria di santa Verena, qui sepolta.
Una santa che marcò i primi passi del cristianesimo in Svizzera e che è rappresentata con gli attributi del pettine e della brocca. Modello di carità, utilizzava questi oggetti per curare e nutrire i poveri.
Alcune impressioni…
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