Santuari e monasteri tra la Gruyère e le Glâne

Pellegrinaggio numero 27

Il verde, le colline, i campi coltivati, i placidi torrenti che scorrono lenti tra morbide vallate. I boschi che con il loro verde oscuro fanno da sfondo al verde intenso dei prati. Lo sguardo che, se da un lato è fermato dalla linea delle Prealpi, dall’altro può scivolare fino alla catena del Giura. Il paesaggio bucolico del Canton Friborgo fa da tela di fondo all’avventura di donne e uomini di fede che si uniscono in comunità per incontrare Dio. E sempre, dove gli uomini sanno pregare, ecco sorgere i santuari mariani. Ci incamminiamo per scoprite questa terra che fa bene allo spirito.

PRIMO GIORNO: DA BULLE A SORENS E POI A ROMONT

(Km: 18. Dislivello: 300 m. Mezzo ausiliare: bus)

A Bulle, su un lato della piazza principale, sta il santuario di Notre Dame de la Compassion. La parete d’altare bianca, rivestita di nicchie con statue lignee di santi, colpisce per la sua intensità. Al centro sta una statua della Pietà che parla al solo guardarla. Dice tutto il dolore della Madonna che tiene in grembo il corpo straziato di suo Figlio.

 

Per raggiungere Sorens prendiamo un bus. Lasciamo i dolci prati dove pascolano le mucche bianconere, dai colori che ricordano la bandiera cantonale, per prendere un sentiero nell’abetaia che porta sulla cima del Mont Gibloux. Arrivati al colmo, la terrazza panoramica di un’imponente torre in cemento armato ti allarga lo sguardo su un paesaggio da cartolina.

 

 

Sulla collina sopra Villarlod incontriamo una croce scortata da due tigli piantata 250 anni fa. È in legno e a doppia traversa. In questo luogo si viene in pellegrinaggio da più di tre secoli. È uno spazio intenso, dove salire, meditare, contemplare, pregare.

 

 

 

A Orsonnens ci sono i monaci cistercensi vietnamiti. Una comunità di profughi, fuggiti dal loro paese perché vittime di persecuzioni. L’accoglienza, la preghiera e il lavoro ritmano le loro giornate. Siamo ormai entrati nel distretto della Glâne, che prende il nome dal torrente che l’attraversa.

 

 

A Berlens, il santuario di Notre-Dame de l’Épine, sta a ricordare l’apparizione della Vergine avvenuta nel mezzo di un cespuglio di biancospino. Da secoli i fedeli vengono qui in pellegrinaggio per invocare la benedizione degli occhi. Le belle vetrate colorano gli spazi di una chiesa raccolta che si trova sul cammino che porta a Compostella, dove sta la tomba dell’apostolo Giacomo il Maggiore.

 

 

 

Ai piedi della cittadella fortificata di Romont, sulle sponde della Glâne, ecco l’abbazia cistercense trappista della Fille-Dieu. Un altro luogo di preghiera che punteggia questa regione così ricca di posti che invitano ad elevare lo spirito. Le mura e gli spazi della chiesa, sorti già nel Duecento, sono oggi scolpiti dalla luce di vetrate con lo sfondo a scacchiera. Belli gli affreschi, ancorché di colore pallido. Sull’arco trionfale, a proteggere il luogo sacro, c’è il Cristo nella mandorla.

SECONDO GIORNO: DA BULLE A NOTRE DAME DES MARCHES

(Km: 19. Dislivello: 500 m)

La chiesa di Saint-Pierre-aux-Liens a Bulle è il punto di partenza di una tappa a semicerchio attorno a questa città capoluogo della Gruyère. È un imponente edificio dell’Ottocento, ricostruito dopo gli incendi che hanno distrutto la città. Sulla piazza si ammirano un tiglio secolare e “Les Halles”, il mercato coperto.

 

 

 

È splendida la natura che circonda l’ormai ex certosa della Part-Dieu. Nel 1307 i primi religiosi costruirono questo alto luogo dello spirito per pregare e contemplare. Ormai non vivono più qui, li hanno scacciati, e allora si può varcare il portone. Resta una chiesa ormai dismessa, un dolce prato al cui centro sta una fontana, qualche vecchio sasso, dei locali che sanno d’antico. Ma basta tendere bene le orecchie per sentire ancora le voci salmodianti dei monaci che riempiono il silenzio.

 

 

 

Il su e giù tra dolci pendii ci porta al Carmelo della Vergine Immacolata e di san Giuseppe, nel comune di Le Pâquier. È un edificio realizzato nel Novecento, dove una ventina di suore pregano per noi e si guadagnano la vita con lavori di artigianato. Belle le vetrate della cappella creata all’interno del monastero, dove c’è anche il coro nel quale si raccolgono le suore.

 

 

Su buona parte dei calendari che presentano la Svizzera ci sono il castello o la cittadina di Gruyères; non c’è luogo nella nostra nazione dove il Medioevo è così presente. Camminando lungo i viottoli del villaggio appoggiato sulla collina si fa un tufo nel tempo. In basso, discosta dalla via principale che porta al castello, sta la chiesa dedicata al vallesano san Teodulo, con le vetrate di Yoki.

 

 

Nella pianura formata dalla Sarine a Sud di Bulle ecco il santuario di Notre Dame des Marches. Nel 1884 ci fu la guarigione miracolosa della giovane Léonilde e, come in tutti i santuari, i pellegrini hanno appeso i loro ex voto. Il Bambino portato in braccio dalla Madonna è paffuto e sorridente. A questo santuario è ispirato lo struggente canto Nouthra Dona di Mârtsè, preghiera composta in dialetto dall’Abbé Bovet, anche lui un’icona della Gruyère.

Ai santuari mariani della Valtellina

Pellegrinaggio numero 26

Gran bella terra, la Valtellina. Ci sono le vigne, i santuari, i meli. Quando alzi lo sguardo verso l’orizzonte, sei incantato dalle vette delle montagne imbiancate che fanno solletico al cielo. Se lo abbassi, sei colpito dai bianchi campanili che punteggiano la valle: gli abitanti, nei secoli, hanno costellato la Valtellina di chiese e santuari. Noi partiamo per scoprirli ed ammirarli.

PRIMO GIORNO: DA SONDRIO A PONTE IN VALTELLINA

(Km: 16. Dislivello: 500 m)

Si comincia dal santuario della Madonna della Sassella che poggia su un dosso roccioso vicino a Sondrio. È dedicato alla Beata Vergine Annunciata, e ricorda il momento in cui l’arcangelo Gabriele, a Nazaret, si presentò alla Vergine salutandola con le parole “Ave Maria, piena di grazia”. La festa cade il 25 marzo, nove mesi prima del Natale. Sul muro del santuario si leggono, scritti a graffito, i nomi dei pellegrini che nel 1700 partirono a piedi verso Roma, in occasione dell’Anno Santo.

 

 

Sondrio è il capoluogo della Valtellina. Il centro pedonale ti accoglie con simpatia ed è piacevole camminare per le sue vie. Occorre sostare nella collegiata dei santi Gervasio e Protasio, dove riposano le spoglie del beato Nicolò Rusca, martire per la fede, parroco di Sondrio ma nato in Ticino, a Bedano, nel 1563. Quasi 450 anni dopo, nel 2013, si è svolta a Sondrio la cerimonia di beatificazione.

 

 

 

 

Poggiridenti, nome migliore non si poteva scovare. Dal balcone si ammira la Valle trasformata dalla fatica dell’uomo. Uno spettacolo per gli occhi. Due le chiese che meritano una visita: in paese c’è quella dedicata alla Madonna del Buon Consiglio; su un’altura sta l’altra, consacrata a san Fedele martire.

 

 

 

Maestoso, imponente e luminoso è il santuario della santa Casa di Loreto a Tresivio; la navata può ospitare fino a mille fedeli. Vi si riconoscono le linee barocche e nel bel mezzo sta la riproduzione della casa della Madonna a Nazaret, edificio che nel Medioevo venne miracolosamente trasportato fino a Loreto. In questo tempio, l’8 di settembre, si celebra la festa della Natività di Maria.

 

 

 

La vasta piana dell’Adda è terreno fertile e a Ponte in Valtellina è stato costruito un altro santuario dedicato alla Vergine ed intitolato alla Madonna di Campagna. All’interno della bella cupola sta un affresco con la Madonna assunta in cielo, che pare quasi di vederla salire. Questa festa mariana è celebrata il 15 agosto, ed è la terza che riviviamo nello stesso giorno di cammino. Un dettagliato itinerario mariano.

SECONDO GIORNO: DA CHIURO A TIRANO

(Km: 17. Dislivello: 500 m)

A Castionetto, frazione di Chiuro, sta la chiesa di san Bartolomeo, anticamente monastero benedettino. Dal piccolo sagrato, accerchiato da vigneti, lo sguardo abbraccia la valle.

 

 

 

 

Dopo una dolce salita eccoci a Teglio, paese dal quale tutta la Valle prende il nome. Incontriamo subito un edificio sacro dal carattere particolare. Assieme stanno la chiesa di san Martino, con importanti affreschi nell’abside e nella navata, e l’oratorio di san Biagio, con le pitture del “Memento mori”. Il tutto affiancato da un notevole campanile romanico, con archetti ciechi e bifore.

 

 

 

Sempre a Teglio, ecco la collegiata di sant’Eufemia, al centro del paese, in un “recinto sacro” dove si trovano anche due oratori e l’ossario. I graffiti sulla facciata, i viottoli e la piazzetta sulla quale si affaccia, fanno pensare alle contrade dell’Engadina anche se l’aria che si respira ha un certo non so che di mediterraneo. La pianta interna è asimmetrica, anche per ricordare le incurvature di sofferenza del corpo di Gesù crocifisso.

 

Ancora Teglio. Qualcuno lo definisce il paese dei pizzoccheri, forse andrebbe descritto come il paese del sacro. La chiesa romanica di san Pietro, in paese, è un gioiellino. Si trova lì, in quel posto, con quelle forme, con quel vestito, da almeno 1000 anni.

 

 

 

 

Si scende su Villa di Tirano, bel paese del fondovalle, dove le case contadine sanno ancora di fumo e le case borghesi palesano il benessere originato dai prati del fondovalle e dalle vie di passaggio tra il Sud e il Nord.

 

 

 

Si sale allo xenodochio di santa Perpetua sopra Tirano. Un nome impegnativo per significare che qui venivano alloggiati gli ospiti (xenios), principalmente pellegrini che per attraversare le Alpi si inoltravano nella valle di Poschiavo. È un nido d’aquila che domina la piana sottostante, dove spicca il santuario di Tirano. La chiesa custodisce imperdibili affreschi del XII secolo.

 

 

Ed eccoci, per terminare, in un altro santuario dedicato alla Madonna. Questa volta non si celebra un episodio della sua vita, nella Palestina di 2000 anni fa, ma una sua apparizione. Il santuario-basilica dell’apparizione della Madonna a Tirano è un’opera imponente, carica di arte e di spiritualità. Bella la facciata che domina la piazza, vistose le decorazioni barocche all’interno, importante l’organo con più di 2000 canne. La cappella dell’apparizione mette in evidenza il lembo di terra su cui si posarono i piedi della Vergine, “Tesoro di virtù e sapienza, Signora di bontà immensa”, comparsa 500 anni fa ma che ancora oggi accompagna il cammino dei pellegrini.